BREVE STORIA DI SAN CALIMERO
Il culto di san Calimero è piuttosto antico: Calimero fu il quarto vescovo di Milano e visse alla fine del III secolo d. C. Il santo, tradizionalmente legato all’acqua, sarebbe stato ucciso a pugnalate e gettato in un pozzo dai pagani che vollero in questo modo vendicarsi, con una sorta di contrappasso, poiché il vescovo battezzava anche chi non desiderava convertirsi. E’ anche probabile che questa sia una leggenda ispirata dal fatto che durante una ricognizione, le spoglie del santo furono trovate immerse nell’acqua, pertanto, accanto al suo sepolcro fu costruito un pozzo ancora oggi visibile presso la chiesa di San Calimero a Milano. L’acqua di quel pozzo cominciò ad essere distribuita ai milanesi in periodi di siccità e addirittura le vennero attribuite potenzialità taumaturgiche e non solo gli infermi ne bevevano ma, quando la siccità minacciava il raccolto, fra solenni preghiere, se ne attingeva un secchio e la si riversava sulla campagna riarsa per invocare la pioggia. Se dunque la nostra festa di San Calimero dovesse essere bagnata….sappiamo il perché!!!
Esiste anche un ritornello che allude al santo e al suo martirio: “San Calimer, in fond al pozz, che ai bravi fieu al ghe da i caramei “(San Calimero in fondo al pozzo che ai bravi bambini dà le caramelle…) e che i milanesi erano soliti cantare il giorno della festa del santo: il 31 luglio.
Dal Liber notitiae sanctorum Mediolani si apprende che la fama del santo si diffuse e, al principio del 1300, c’era un altare a lui dedicato presso una chiesa di Bolladello nella Pieve di Gallarate. A tale periodo dunque risale una delle prime attestazioni del culto del santo nel nostro territorio.
Più tardi venne il culto della Madonna nella medesima chiesetta. Questa volta la storia è ambientata nel Settecento quando, in un freddo inverno, una nobildonna ebbe un incidente passando con la sua carrozza ai piedi della collina, scivolando sul ghiaccio della vicina fontana. In segno di riconoscenza per lo scampato pericolo, la donna volle donare alla chiesetta il prezioso dipinto che ancora oggi vediamo esposto in occasione della festa e che viene portato in processione il giovedì sera per la vie del paese. La chiesa dunque è stata denominata chiesa della Madonna di San Calimero e la devozione al Santo e alla Vergine si sono legati in un vincolo indissolubile.
E’ tradizione che le mamme affidino i loro bambini alla Madonna di San Calimero e li portino proprio qui a muovere i primi passi girando attorno alla chiesetta.
Secondo un’altra ipotesi invece, il culto di San Calimero non sarebbe da ritenere quello originario ma la chiesetta potrebbe essere stata sin dal principio denominata della Madonna Kalimera, ossia della Madonna del Buon giorno, infatti in lingua greca buon giorno si dice proprio “kalimera” e la nostra chiesetta è rivolta ad est e riceve la prima luce del mattino. Tale ipotesi è sostenuta dalla presenza a Bolladello di missionari orientali, per la precisione greci, in epoca longobarda. La tradizione legata a San Calimero è comunque radicata sul territorio come dimostra anche la presenza, nell’Ottocento, di un’osteria in via Cavour denominata di San Calimero e della quale è conservata l’insegna in ferro battuto recante l’immagine dipinta del Santo.
Ma… San Calimero ha a che fare forse con il pulcino nero di Carosello?
Il famoso fumettista e disegnatore Carlo Peroni, in arte Perogatt, dovendo realizzare nel 1963 una puntata di Carosello per la Mira Lanza inventò la storia del pulcino nero che andava in cerca della sua mamma e finiva per imbattersi in una gallina con un seguito di pulcini, la quale gli spiegava chelei non poteva essere la sua mamma dato che lui era nero mentre i suoi piccoli erano completamente bianchi. Avvilito, il pulcino nero arrivava nei pressi di un mastello dove la famosa Olandesina lo prendeva e lo immergeva delicatamente nell’acqua dicendogli che lui non era nero, ma solo sporco.
Carlo Peroni dice che a questo punto aveva bisogno di un nome che facesse rima con “nero” da dare al suo pulcino e gli venne in mente Calimero perché tutti i giorni, per arrivare presso gli studi della Pagot Film a Milano, passava per la via chiamata via San Calimero, quella dell’omonima chiesa.
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